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Niente di nuovo sul fronte occidentale

13 Jan

Goodmornig Italy! Un caloroso abbraccio a tutte le casalinghe che ci seguono mentre preparano il pranzo, grazie per averci messi al posto di Beautiful! Cari saluti a chi prepara i bimbi per andare a scuola, a chi prepara un matrimonio magari, a chi prepara la pappa per il cane e a chi la prepara per sé.

Oggi vi raccontiamo la storia di due ragazze che, per chissà quale ironia della sorte e dopo chissà quali e quanti intrecci delle quotidiane avventure, si sono ritrovate a prendere lunghi lunghi lunghi caffè insieme nei bar più o meno malfamati di New York. Siamo io e Glenda, accomunate dall’ansia di trovare un senso in questa città che forse non è proprio come ce la immaginavamo, ma che per il momento ci dice che siamo nel posto giusto. Forse non per realizzare quello che credevamo, ma, chissà, qualcosa che neanche ci aspettavamo. Per trovare una strada più importante ancora, quella che ci conduce al nostro più vero e sconosciuto sentire, al nostro dimenticato essere nel presente.

Ma che minchia dico. E’ un casino qui, altro che. Non c’è verso di trovare una casa per Glenda che non sia abitata da pazzi mediamente scatenati, roba da leccarsi i baffi, direbbe Cesare Lombroso.

La più bella delle scenette – per quanto mi riguarda – questa padrona di casa cinquantenne con gli occhialini sul naso che parla in piedi nella posizione yoga dell’albero , quella con le gambe che fanno una sorta di P, presente?

Casa ad Harlem, neanche malaccio, se uno se la immagina pulita. Appena arrivate ci mostra la camera disponibile e sopra il letto c’è un’ascia. Ma grossa. M, sì, un’ascia, quelle dei taglialegna. Oppure dei protagonisti di Un tranquillo week end di paura, a scelta. Non vi sembrerà, ma era molto molto sinistra. Tanto quanto la sega  a nastro appesa in salotto sopra il divano.

Ci siamo sedute in cucina poi, dove lei – sempre nella posizione dell’albero – stava preparando un saporito appetizer a base di pollo fritto, mozzarella, pomodoro, basilico e saliva del cane. Tralasciando per un momento i commenti che si è lasciata andare sull’11 Settembre, che sono degni di  una chiamata al 911, ci chiede se abbiamo problemi col fatto che lei è 420-friendly (420 pare sia il codice che gli agenti usano per indicare il reato di uso/spaccio di stupefacenti). Ecco, immaginatevi me.

Dulcis in fundo, ricordando i suoi primi giorni a New York di una decina anche venti anni fa, ci racconta di essere stata parte di un gruppo sovversivo bolscevico. Ecco. L’unica bolscevica degli Stati Uniti deve essere state lei in tutto il post maccartismo e l’ho beccata io. Non era mica così facile.

Io la prossima settimana avrò un colloquio al Museum of American Finance, ma dire che me ne frega zero è dire poco, e non mi pare affatto un buon segno di salute mentale. Pensieri che non se ne vanno, problemi che non si risolvono, preoccupazioni che sanno nuotare attraverso un intero oceano.